Rimane molto poco rispetto a quella che doveva essere inizialmente la decorazione pittorica della chiesa del Vomano.
A giudicare dalle tracce rimaste, gli affreschi quasi sicuramente occupavano non solo le pareti laterali ma anche la zona absidale, la contro-facciata ed i pilastri.
D'altra parte si tratta di un aspetto comune a molte chiese medievali. In un periodo, infatti, in cui la gente non era in grado di leggere, la pittura svolgeva un ruolo di primo piano per quanto riguardava l'insegnamento religioso. Il popolo infatti trovava istoriate sulle pareti i fatti del Vecchio e Nuovo Testamento, nonché la vita dei Santi e della Vergine e quello visivo era forse l'unico approccio possibile, che poteva benissimo sopperire alla lettura.
Madonna con Bambino
La Madonna con Bambino, che troviamo su un pilastro della navata di sinistra, è attribuita alla stessa mano di uno dei maestri che sul finire del Duecento hanno prodotto il ciclo di affreschi a Santa Maria ad Cryptas e precisamente a Gentile da Rocca di Mezzo.
Gentile è una testimonianza importante per quanto concerne la pittura in Abruzzo verso la fine del XIII secolo. Sappiamo tuttavia poco della vita di questo artista. La sua nascita potrebbe essere collocata tra il 1240 ed 1250. Tra il 1270 ed il 1280 lavora probabilmente agli affreschi della Badia Morronese. Inoltre sappiamo per certo che è autore di una Madonna del Latte, che si trovava nella Chiesa di Santa Maria ad Cryptas a Fossa, datata 1283 e firmata.
La Madonna con Bambino di San Clemente, databile al 1285, è sicuramente espressione della cultura bizantineggiante, proveniente dalla Puglia e dalla Campania. Non mancano nel dipinto, oltre ad una certa staticità iconica, altre "citazioni" dell'arte bizantina come ad esempio in alto la scritta in greco MP e OY, abbreviazione di Meter Theou (Madre di Dio), le gote rosse, il manto rosso e la veste blu o celeste, la mano della Madonna che "indica" il Figlio, ed infine l'atteggiamento del Bambino nell'atto di benedire con la mano destra mentre in quella sinistra regge un rotolo.
Possiamo tuttavia rilevare come il gusto bizantino sia "mitigato" da forti influenze dell'arte settentrionale. L'espressività del gesto, lo stesso panneggio della veste, denotano un distacco dall'arte bizantina, segno che alla staticità tipica della pittura bizantina si va sostituendo lentamente una figurazione storica, dinamica, espressiva.
Un indizio sicuramente rilevante è il sedile su cui è seduta la Madonna ed è proprio la posizione seduta che riesce a dare risalto fisico alla figura. La posizione delle ginocchia, accentuata dal panneggio, ed il Bambino poggiato sopra suggeriscono e definiscono infatti uno spazio ed una profondità.
La Madonna di San Clemente quindi rappresenta un momento interessante della pittura abruzzese tra tradizione e innovazione e si inserisce nell'ambito della cultura proto-giottesca dell'epoca.
L'elemento caratterizzante di questa cultura è sicuramente il tentativo di staccarsi dall'arte bizantina ed è significativo come questa esperienza sia comune a molti pittori dell'epoca. Basti pensare alla Madonna di Coppo di Marcovaldo del 1261 o alla Madonna di Cimabue del 1280.
Sembra della stessa mano di Gentile un frammento di affresco, dello stesso periodo, che troviamo nella navata di sinistra a fianco dell'edicola.
E' lecito chiedersi come mai un pittore poco conosciuto, nato in un paesino d'Abruzzo, sia riuscito a condividere con pittori di fama la ricerca di nuove esperienze figurative.
La spiegazione potrebbe essere che i monasteri benedettini dell'epoca erano diventati rilevanti centri di sperimentazione e di innovazione pittorica ma non è da escludere che il nostro Gentile abbia avuto contatti con artisti più colti che avevano maturato una nuova sensibilità pittorica e tentato nuove strade, allontanandosi in tal modo dall'arte bizantina, ancora dominante nel meridione d'Italia.
Madonna con Bambino - foto di Alberto Fantozzi
L'edicola
L'edicola presenta alcune raffigurazioni a fresco del 1419: da un lato una Madonna che accoglie sotto il suo manto i frati e i devoti, sul lato opposto troviamo raffigurati due santi, nel sottarco un Cristo benedicente ed i simboli dei quattro Evangelisti, inclusi in clipei polilobati. Sulla parete di fondo una sinopia molto danneggiata e alcune tracce di affresco sembrano suggerire la presenza di un dipinto raffigurante una Madonna in trono con Bambino con attorno angeli o sante, mentre sulla fronte notiamo un Angelo Nunziante ed una Vergine Annunziata.
Per quanto concerne la datazione al 1419, vi è da rilevare che la forma dell'edicola e l'iconografia degli affreschi rimandano alla prima metà del Trecento e sicuramente non vi sono elementi tali che possano in qualche modo far pensare al gotico. Molto probabilmente si tratta, come dice il Bologna, di un revival di motivi giotteschi o paraggiotteschi, tipici della fine del Trecento, che si ritrovano in varie zone dell'Italia padana e dell'Italia centrale, da Bologna a Rimini fino alle Marche.
A proposito dell'autore si è parlato di una possibile attribuzione al Maestro di Offida, che lascia abbondanti tracce non solo nelle Marche ma anche nel Teramano. Alcuni critici hanno cercato di far luce sulla formazione artistica del Maestro. Secondo Giovanni Corrieri, autorevole studioso di arte, si tratterebbe di un monaco, tale Giovanni di Domenico, il cui linguaggio pittorico "non è che una trasposizione del lessico giottesco, diffuso tra Padova, Pomposa, Rimini e Tolentino da allievi e seguaci di Giotto".
Gli elementi stilistici tuttavia lasciano molto perplessi su tale attribuzione. Ferdinando Bologna è abbastanza esplicito sul valore artistico di queste raffigurazioni quando afferma che " i tratti iconografici del Cristo nel sottarco si rivedono in taluni e petulanti affreschetti di primo Quattrocento, esistenti nella cisterna romana da fa da cripta al Duomo di Atri".
Edicola - Foto di Alberto Fantozzi
Natività
L'affresco, presente sulla controfacciata, risulta gravemente danneggiato dall'umidità. La lettura dell'opera pertanto è gravemente compromessa.
Risulta tuttavia evidente l'aspetto narrativo dell'avvenimento: la nascita di Gesù da un lato e l'annuncio ai pastori che vegliano le greggi dall'altro.
Come per gli affreschi dell'edicola, anche in questo caso si può parlare di un revival di motivi giotteschi o paragiotteschi che ha interessato le Marche verso la fine del XIV secolo. Ma non possiamo aggiungere altro.
Natività
Trionfo della morte
L'opera è espressione tipica dell'arte popolare. E' databile alla prima metà del XVII secolo ed è probabilmente successiva ad una delle tanti pestilenze che hanno colpito il territorio tra i secoli XVI e XVII.
La morte è presentata con un terribile falcione, una clessidra per misurare il tempo ("fugit tempus"), quattro cartigli ai polsi ed alle caviglie (di solito riportavano ammonimenti ) ed infine la figura di un musicista e di un mercante da una parte e dall'altra alcuni copricapo di persone di riguardo come ad esempio una tiara papale, un corno ducale ed una mitria vescovile... come dire: "La morte non guarda in faccia nessuno".
Trionfo della morte - Foto di Mario Minorenti
Ecce Homo
L'opera, anch'essa espressione tipica dell'arte popolare, reca la data 1668.
La figura del Cristo segue strettamente l'iconografia tradizionale: la corona di spine, il mantello scarlatto, le mani legate assieme ad una canna.
Il nome dell'autore doveva comparire nella cornice in alto dell'affresco. Riusciamo a leggere solo "pimxit" (dipinse), ma non il nome che rimane sconosciuto.