Archeologia del territorio: il contesto ambientale in cui sorse l'abbazia

La prima domanda che ci si pone è perché i Benedettini di Casauria scelsero questo luogo anziché un altro per la costruzione di un monastero. Sicuramente il primo motivo è un interesse di tipo strategico: il monastero infatti consentiva il controllo della vallata sottostante, data la sua posizione sulla collina. Ma vi sono altre motivazioni che riteniamo meritino una particolare attenzione.
  1. Un villaggio abitato: il Castrum Wardae

    Il primo motivo lo possiamo definire "socio-economico" ed è rappresentato dalla presenza nella zona di un villaggio abitato che, oltre a fornire manodopera, potesse essere bisognoso di cure spirituali oltre che materiali. Possiamo affermare con assoluta certezza che, all'atto dell'insediamento dei monaci, il territorio di Guardia fosse già abitato. Il territorio del Piceno, infatti, , comunemente indicato come Ager Hadrianus o Pretutianus, fu interessato nel primo secolo a. C. dall'assegnazione di terre a cittadini romani. Si trattava di terre molto fertili che si prestavano molto bene alle colture di grano, vite e ulivo e quindi molto ambite. Da ciò possiamo dedurre che tutto il territorio fosse diffusamente abitato e che vi fossero numerosi insediamenti rustici.
    Un elemento determinante per confermare che la zona era abitata già prima della fondazione del Monastero, è la presenza di una villa rustica che sorgeva nelle immediate vicinanze dell'Abbazia.
    A giudicare dai reliquati emersi (nella fattispecie una fornace), la villa poteva benissimo rappresentare un punto di riferimento per l'intera zona, considerando i molteplici aspetti socio-economici che poteva rivestire. In ogni caso la presenza di una "attività industriale" assume particolare interesse per conoscere l'economia della zona in età imperiale.
    I reliquati della villa tuttavia risultano oggi di non facile lettura a causa dei numerosi interventi che ne hanno sconvolto la struttura. Ma una cosa è certa:le ville rustiche erano delle vere e proprie aziende agricole e attorno alle stesse confluivano i braccianti ed i servi che poi finivano per abitarvi stabilmente. Alcuni di questi insediamenti improvvisati scomparvero con l'abbandono delle ville dal parte dei proprietari, mentre altri insediamenti finirono per sopravvivere e si trasformarono in veri e propri borghi.
    Il Civitello di Guardia nacque infatti quando i braccianti ed i servi, che fino allora avevano abitato presso la villa del padrone, una volta che questa era stata abbandonata dal proprietario, sentirono il bisogno di garantirsi un rifugio in caso di incursioni e quindi organizzarono le loro abitazioni in modo da costituire una vera e propria struttura castrense.A partire dalla fondazione del Monastero in poi la storia del Castrum Wardae sarà strettamente legata a quella del Monastero di San Clemente. Infatti, a causa delle frequenti incursioni dei pirati saraceni o di bande dedite al saccheggio, poiché il monastero non dava sufficienti garanzie di sicurezza, gli stessi monaci trovavano rifugio all'interno del Civitello ritenuto più sicuro.
  2. Un motivo strettamente economico: gli "spolia"

    La scelta di costruire i monasteri su siti di insediamento romano o nelle immediate vicinanze trova una rilevante giustificazione su un fattore di tipo economico: la possibilità di riutilizzare gli "spolia", cioè i materiali di costruzione dei templi, delle case o delle ville andate in rovina, come ad esempio conci di pietra, colonne, lastre, marmi ecc.. A tal proposito è opportuno ricordare che il trasporto dei materiali richiedeva un notevole dispendio di manodopera e di mezzi.La villa rustica alla quale abbiamo accennato in precedenza sicuramente nel IX secolo era un ammasso di rovine.
    Per la costruzione dell'abbazia di San Clemente i monaci sicuramente utilizzarono molti materiali provenienti dalla villa, ormai diventata una specie di cava a cielo aperto. All'interno della chiesa ad esempio fa bella mostra di se una poderosa colonna di epoca romana, ma non mancano altri reperti che un occhio attento riuscirà sicuramente a cogliere.

    Reliquato di epoca romana

    Reliquato di epoca romana - Foto di Mario Minorenti

  3. Un fattore di ordine religioso: cristianizzare la zona

    Non bisogna poi trascurare un interesse di tipo "religioso": i monaci benedettini in particolare amavano costruire le loro chiese abbaziali sulle rovine di un tempio pagano ed anche l'Abbazia del Vomano potrebbe non fare eccezione.
    Nel corso degli scavi effettuati sotto al piano pavimentale infatti, tra le altre strutture,è emersa la presenza di un elemento a pianta circolare absidata.
    Purtroppo sia le manomissioni effettuate per la costruzione delle sepolture al disotto del pavimento sia i successivi interventi di consolidamento hanno reso impossibile un esame approfondito del reliquato.
    Successivamente al rinvenimento della struttura era stata formulata l'ipotesi che potesse trattarsi di un elemento relativo alla costruzione della prima chiesa della seconda metà del IX secolo, come ad esempio un'abside o un battistero. Ma, scartata l'ipotesi di strutture appartenenti al complesso monastico della seconda metà del IX secolo, si è fatta strada l'idea di essere invece in presenza di un manufatto riconducibile alla fase insediamentale di epoca romana, molto probabilmente un edificio sacro. Sia la tipologia dell'impianto, sia la tecnica costruttiva, sembrano avvalorare tale ipotesi.
    Potrebbe essere un tempietto dedicato ad Hercules Olivarius come quello che si trova a Roma in Piazza Bocca della Verità, anch'esso di forma circolare, costruito da un certo Marcus Octavius Herrenus, un mercante che si era arricchito con il commercio delle olive e proprio Ercole era il protettore della corporazione degli oleari.Forse il proprietario della villa rustica di cui si parlava prima, oltre a produrre anfore o vasellame nella sua fornace, era anche lui un commerciante di olive e potrebbe aver costruito anche lui un tempio ad Ercole, magari sull'esempio di quello fatto erigere da Marco Erreno a Roma.
    Bisogna aggiungere che Ercole, oltre ad essere patrono dei commercianti di olive, proteggeva anche le transumanze e sicuramente anche la valle del Vomano era interessata a questi continui spostamenti.
    Quasi certamente i monaci benedettini vollero costruire il monastero del Vomano sulle rovine di quello che rimaneva di un tempio pagano a voler sottolineare la loro esplicita volontà di cristianizzare la zona e di far sorgere, sulle rovine di un tempio della Roma pagana,una chiesa della nuova Roma cristiana.

    resti di epoca romana

    Resti di epoca romana

  4. Una zona di transito

    L'ultimo motivo è rappresentato dal fatto che volutamente i monaci benedettini costruivano i loro monasteri in zone di transito di viandanti e pellegrini per poterli assistere nelle loro foresterie, fornendo loro un giaciglio, una scodella di minestra ed all'occorrenza anche cure mediche.La stessa Regola Benedettina al Capitolo LIII prevedeva: "Tutti gli ospiti che giungono in monastero siano ricevuti come Cristo, poiché un giorno egli dirà: "Sono stato ospite e mi avete accolto".
    Ma quali strade attraversavano il nostro territorio? Roma era collegata con le coste del medio Adriatico da tre strade principali: la via Flaminia, la via Tiburtina Valeria e la via Salaria.
    La via Flaminia non interessava il nostro territorio: partendo da Roma, attraversava infatti Orte, Narni, Nocera, Gubbio, e raggiungeva l'Adriatico a Fano. Anche la via Tiburtina, non interessava le nostre zone: lasciata Roma, toccava Tibur (Tivoli), Carsioli (Carsoli), Alba Fucens, Corfinium, Teate (Chieti), e quindi Aternum (nei pressi dell'odierna Pescara).
    Quella che maggiormente ci interessa è la Via Salaria o, meglio, una derivazione della via Salaria e precisamente la via Cecilia.
    La via Salaria usciva da Roma da Porta Salaria e proseguiva per Septem Balnea (Settebagni). Raggiungeva quindi Reate (Rieti), Aquae Cutiliae (Terme di Cotilia), Interocrium (Androdoco) e, superato l'Appennino, puntava su Ausculum (Ascoli) per raggiungere il mare a Castrum Truentinum (nei pressi di Porto d'Ascoli).
    Prima di Rieti, e precisamente a Trebula Mutuesca, la strada si biforcava e si dirigeva verso Amiternum (nei pressi dell'Aquila). Attraverso il Passo delle Capannelle, raggiungeva poi Montorio al Vomano, Interamnia (Teramo) e quindi il mare a Castrum Novum, nei pressi di Tortoreto.
    Il percorso sembra essere confermato dal ritrovamento di due pietre miliari a Poggio Umbricchio e a Sant'Omero.
    Ma vi era una seconda biforcazione che interessava da vicino la valle del Vomano: prima di arrivare a Montorio infatti, mentre il tratto principale puntava verso Interamnia, un secondo tratto si dirigeva verso Hatria e, seguendo il corso del Vomano, raggiungeva l'Adriatico a Matrinum, l'antico porto di Atri (nei pressi dell'odierna Silvi Marina).
    A completare il quadro del sistema viario del nostro territorio, bisogna infine aggiungere la strada litoranea che da Castrum Truentinum, passando per Castrum Novum (Giulianova), Colonia (Cologna), Mons Pagus (Montepagano), Mutinianum (Mutignano) e Matrinum, ad Aternum si incontrava con il punto di arrivo della via Tiburtina Valeria.
    Da questo quadro abbastanza sommario, emerge chiaramente come la nostra zona, già nel periodo romano e nell'alto medioevo, fosse attraversata da strade di una certa frequentazione ed abbia rappresentato un crocevia di uomini che di queste strade si servivano non solo per motivi economici ma anche mossi dal sentimento religioso. A questi uomini i monaci benedettini di San Clemente , spinti dal dovere dell' "hospitalitas" e dalla carità cristiana, aprivano la porta del loro monastero.

Tracciato delle vie Tiburtina, Salaria e Flaminia

Tracciato delle vie Tiburtina, Salaria e Flaminia



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